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CORALLI
Descrizione
Nonostante occupino solo lo 0,2% della superficie degli oceani, le scogliere coralline ospitano circa il 25% delle specie marine conosciute; Questi habitat sono più affollati di un bar che offre aperitivi gratis alle 18.30 in Piazza Duomo a Milano! Le prime barriere coralline sono comparse centinaia di milioni di anni fa e i reef corallini come li conosciamo ora si sono evoluti nel corso degli ultimi 200-300 milioni di anni. Alcune delle attuali barriere coralline hanno 2.5 milioni di anni. Quindi, quando al prossimo compleanno vi sentirete vecchi, tranquilli amici… pensate alle barriere coralline!
Uno dei fattori che limita la crescita delle barriere coralline è la temperatura, che non deve essere mai inferiore a 18-20 gradi. Niente da fare, a loro il freddo non piace! Infatti, la maggior parte delle scogliere coralline è collocata nella fascia intertropicale, con particolare abbondanza intorno all’equatore. Per osservare dei Reef corallini meritevoli di Reels su Tik Tok, è necessario dirigersi in una di queste tre regioni geografiche: Indo-pacifico (include dall’Africa alle Hawai), Regione Atlantico-Occidentale (Dalla Florida al Brasile), e nel Mar Rosso.
I principali costruttori delle barriere coralline sono le Sclerattinie (o Madreporari), ovvero animali che appartengono al Phylum Cnidaria. Potrei aggiungere che le Sclerattinie appartengono alla Classe degli Antozoi (esacoralli), ma preferisco evitare i francesismi! Per confondervi le idee potrei anche dire che alla classe degli Antozoa appartengono anche gli Anemoni di mare e le Gorgonie, ma dai non lo faccio!
I coralli che formano le scogliere coralline possono assumere forme diverse: ramificate, colonnate, incrostati, a forma di foglia, di saponetta, di cervello… si di cervello! Esistono coralli massivi (come, brain coral) la cui forma ricorda un cervello (foto nel post).
Le Sclerattinie sono solitamente costituite da colonie di piccoli polipi (da 1 a 50 mm). In caso qualcuno si stesse chiedendo se il polipo e il polpo fossero la stessa cosa, io dico NOOO! Il POLIPO delle Sclerattinie non è il POLPO, quello che si mangia con le patate! I polipi delle Sclerattinie sono costituiti da una cavità a forma di sacco (cavità gastrovascolare) e da una bocca in posizione apicale circondata da tentacoli. Di giorno i polipi rimangono per la maggior parte ritratti (come “il pipino” di noi maschietti quando ci tuffiamo in un lago ghiacciato), allo scopo di difendersi dai predatori, mentre di notte si aprono per cibarsi di organismi che galleggiano in acqua (Planctonici).
I coralli mostrano un’ampia varietà di strategie riproduttive. In alcuni casi, la riproduzione può essere asessuata, ovvero senza la produzione di gameti: il polipo progenitore produce cloni di sé stesso (Avete presente la tecnica della moltiplicazione del corpo di Naruto?! Simile!). Tramite questa tipologia di riproduzione la colonia di polipi si accresce velocemente ma non arricchisce il suo patrimonio genetico. In gergo, se le condizioni ambientali dovessero cambiare e non essere più ottimali, sono tutti quanti fottu… La riproduzione sessuale, con emissione di gameti, invece, contribuisce all’arricchimento del pool genico e permette di contrastare le variazioni delle condizioni ambientali. In gergo, hanno più probabilità di non finire male! In generale, i coralli che dominano i reef corallini prediligono la riproduzione sessuata (Anche io avrei fatto la stessa scelta!)
I coralli possono essere predatori: si nutrono soprattutto di notte, grazie alla produzione di muco e alla presenza di nematocisti (cellule urticanti) riescono a catturare il plancton o particelle organiche sospese in acqua. Inoltre, i coralli possono ricevano dal 50 al 95% di nutrimento dalle alghe simbionti che ospitano al loro interno, ovvero le zooxantelle. Queste alghe unicellulari, attraverso la fotosintesi producono carboidrati ed amminoacidi come se non ci fosse un domani e in cambio ricevono dal corallo protezione e i composti di cui hanno bisogno per la fotosintesi (Hai capito che simbiosi mutualistica…!)
La simbiosi tra zooxantelle e coralli è alla base della formazione delle barriere coralline ed è una relazione così importante che nessuno dei due può vivere senza l’altro. Di certo le zooxantelle condividerebbero con i coralli un pezzo di legno se dovesse affondare una nave… Capito Rose?! Questo sarebbe vero amore! Buona parte delle energie ottenute dai simbionti, il corallo la spende per formare una struttura minerale: In particolare, sono capaci di assorbire ioni calcio dall’acqua del mare e di solidificarlo in una dura struttura minerale fatta di carbonato di calcio (Aragonite) che serve loro da supporto scheletrico.
Questo processo è influenzato negativamente dall’aumento delle temperature dell’acqua e dall’acidificazione dei mari. I due fattori appena citati sono i principali motivi per cui le barriere coralline stanno scomparendo così rapidamente. Possiamo ancora fare qualcosa amici, ma dobbiamo smetterla di dormire e voltarci dall’altra parte!
Per non chiudere con l’angoscia nel cuore questo post, vi chiedo: secondo voi, esistono barriere coralline in mediterraneo?
Carta di identità: Coralli del mediterraneo (A cura di Gaia Dell’Uomo)
Nel Mediterraneo le barriere coralline sono scarse e solo poche specie di antozoi sono in grado di formarle, come nel caso di alcuni anemoni coloniali (Epizoanthus, Parazoanthus).
Il numero di specie di coralli che si trovano nel Mediterraneo rappresenta meno del 5% dei coralli esistenti al mondo, ma le 37 specie presenti descrivono la gran diversità di queste colonie, ritrovando coralli appartenenti esclusivamente al Mediterraneo o provenienti da altre zone, ovvero i “coralli alieni”.
Tra queste varietà di specie ritroviamo adattamenti a vari tipi di substrati, come un fondale fangoso-arenoso, oppure su rocce, pareti, fondali duri fino a grotte e crepacci.
Nel mediterraneo, soltanto poche specie appartengono all’ordine delle scleractinie o dei madreporari, ovvero il tipo di coralli che formano le grandi barriere tropicali e in ogni caso, vivono in piccole colonie, allo stato solitario oppure fanno parte di barriere create da altre specie. Tra queste di distingue, nelle acque infralitorali e circalitorali, la madrepora pagnotta (Cladocora caespitosa), una specie che può creare grandi colonie, che raggiungono i 4 metri di diametro ma normalmente si presenta in colonie più piccole costituite da varie centinaia di polipi.
Eccetto le specie che vivono in simbiosi con le zooxantelle, i coralli sono animali prevalentemente sciafili, ossia preferiscono le zone scure o prive di luce. Il Mediterraneo è un buon esempio per comprendere questa “fobia” per la luce, il livello di oligotrofia delle sue acque fa sì che le specie si inizino a sviluppare dai 30-40 metri di profondità. Ad esempio, nelle Isole Baleari, una delle zone più povere di nutrienti del mediterraneo e pertanto, con acque meno torbide, non si riscontra la presenza di gorgonia rossa al di sopra dei 30 metri di profondità, mentre nel Golfo del Leone e nel Mar Ligure la si trova intorno ai 15 metri.
L’altra barriera esistente nel mediterraneo, infatti, è formata da coralli d’acqua fredda o di profondità, creata principalmente da coralli bianchi (Lophelia pertusa e Madrepora oculata), può costituire un ecosistema in grado di riunire oltre 800 specie diverse, inclusi altri coralli e gorgonie di profondità. Attualmente questo tipo di barriera corallina scarseggia nel Mediterraneo, il più importante rilevamento è stato fatto a Santa Maria di Leuca (Italia) nel mar Ionio, dove le due specie di coralli sono presenti insieme ad altri coralli di profondità, come Desmophyllum dianthus e Stenocyanthus vermiformis, a profondità che vanno dai 300 metri ai 1200, con estensioni di oltre 400 metri quadrati. Altre concentrazioni di coralli di profondità sono state rinvenute nei canyon di Palamos e Cap de Creus (Spagna).
Non mancano, però, specie amanti della luce che permettono alle loro zooxantelle di effettuare la fotosintesi, come la Cladocora caespitosa che si trova principalmente su fondali illuminati, a temperature comprese tra gli 11°C e i 25°C poichè le acque relativamente calde favoriscono la loro calcificazione, ma se la temperatura diventa superiore ai 28°C perdono le loro zooxantelle e si sbiancano.
In ambedue i tipi di barriera, la temperatura e la disponibilità di alimenti sono i principali fattori limitanti per la loro distribuzione, così come il grado di salinità, la topografia, il substrato o la luce, senza dimenticare l’impatto di alcune attività umane, come la pesca a strascico che in certe zone hanno relegato queste formazioni in luoghi meno accessibili, come canyon e burroni.
Fonti e approfondimenti
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